Complesso di inferiorità o di superiorità?

Sentirsi inadeguati in particolari situazioni accresce il nostro senso di inferiorità.

Quand’è che sentiamo questa sensazione di “inferiorità”? quando sentiamo la mancanza di qualcosa.

Esempio: se io avessi una laurea avrei più possibilità in campo lavorativo. Probabile che questa affermazione sia vera ma potrebbe non esserla a seconda del lavoro che andremo a svolgere

Il punto, in questo caso, non è essere in possesso di una laurea o meno; il punto è: mi sono realmente impegnato per ottenerla? Che cosa ho fatto materialmente?

In genere arrivano in questo momento, tutta una serie di scusanti che ci legittimano nella nostra mancanza. Nel caso di specie: “sono stato sfortunato”, “i professori ce l’avevano con me”, “avevo seri problemi economici”, “la vita mi si è messa di traverso”, e via dicendo.

Sia chiaro, in alcuni casi esistono impedimenti legittimi ed oggettivi, altre volte un po’ meno.

La conseguenza di questi pensieri ci portano all’affermazione: “Se io avessi A allora potrei essere B e quindi valere di più come persona, non sentirmi inadeguato, non avere perciò un complesso di inferiorità.

Alfred Adler, psicologo, psicoterapeuta, allievo di Freud e fondatore della Psicologia Individualista, afferma che ogni individuo non può accettare a lungo di sentirsi inferiore a qualcun altro. Sentirci in questa condizione diventa troppo pesante.

E allora che accade? Se parliamo, come nell’esempio, di mancanza di istruzione un modo sano per ovviare alla mancanza è mettersi di buzzo buono e studiare. Per farlo ci vuole una buona dose di coraggio e di impegno perché occorre superare le nostre resistenze.

Ci sono persone che invece di impegnarsi per ottenere ciò che li farebbe stare meglio trasformano il complesso di inferiorità in qualcosa di diverso: un complesso di superiorità. Come?

Potrebbe sembrare un paradosso. Quando non riusciamo più a vederci “inferiori” a qualcun altro proviamo ad agire “come se” fossimo diventati superiori a qualcuno. In che modo? Ci vantiamo di essere in buoni rapporti con persone che (a nostro dire, ai nostri occhi) “ce l’hanno fatta: Ci crogioliamo in ciò che viene definito “conferimento di autorità”.

Esempio: affermazioni del tipo “Sono amico intimo del Presidente, del capoclasse, dell’amministratore delegato, e quindi io mi permetto di …..” dimostrano che non sono io che valgo. E’ un senso di superiorità inventato che mi associa a una persona più potente. E’ vivere la vita di altre persone.

In genere queste persone hanno molta poca fiducia in sé stessi.

E’ difficile e a volte molto complesso ricercare quali sono i nostri reali valori per i quali muoverci nel mondo cercando di ottenere ciò che i fa sentire meglio, realizzati, che corrisponde e rispecchia la nostra personalità. Solo nostra.

Occorre lavorare molto su di sé. Fermarsi ad ascoltare quali sono i nostri desideri, non farci assordare dal frastuono dei desideri degli altri.

Avere fiducia in sé stessi, credere in sé stessi. Questa sì, una grande meta da raggiungere.

G.L.

Bibliografia: “Il coraggio di non piacere: liberati dal giudizio degli altri e trova l’autentica felicità” – Fumitake Koga – Ichiro Kishimi

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