AUTOEMPATIA Vs AUTOCRITICA

Immaginiamo di trovarci in una situazione imbarazzante: abbiamo dimenticato di correggere un testo e l’abbiamo consegnato con gli errori, salutiamo una persona e ci rivolgiamo a lei con un altro nome, abbiamo dimenticato di inviare un’importante email, e tanti e tanti altri esempi che possono venire alla mente.

Come ci comportiamo in questi casi? Quali sono i pensieri che più facilmente lavorano in modo insistente nella nostra testa?

E’ molto più facile che parta in automatico l’autocritica piuttosto che l’autoempatia.

Cosa si intende per autoempatia? Se tutto ciò che abbiamo immaginato poc’anzi fosse accaduto ad un nostro amico, quasi certamente proveremmo in qualche modo a consolarlo, a supportarlo,

Quando siamo noi a commettere un errore accade invece che il nostro giudice interiore abbia la meglio e di conseguenza l’errore commesso si trasforma in un disastro, in una tragedia che si sarebbe potuta evitare se solo non fossimo così incompetenti ed incapaci.

Helen Riess nel suo libro “Effetto Empatia” afferma che “una delle ragioni per cui evitiamo di praticare l’autoempatia è che la scambiamo per autocommiserazione”.

L’autocommiserazione può diventare distruttiva, ci lascia in una situazione di “lamento”,

L’autoempatia ha bisogno di un livello più alto di comprensione, di consapevolezza,, di sensibilità verso noi stessi, che può portarci alla ricerca di soluzioni valide.; prevede il riconoscimento che siamo “esseri umani” e che come tutti gli altri possiamo commettere errori.

Così come possiamo sentirci comprensivi verso gli altri ed entrare in empatia con loro, allo stesso modo diventa importante essere comprensivi ed usare gentilezza anche verso noi stessi, in questo modo ci impediamo di stagnare nei pensieri carichi di giudizi che si attorcigliano nella nostra mente.

Si può ripartire dopo un errore senza permettere che i giudizi negativi si accumulino e vadano a minare la nostra autostima.

In qualche modo, così come possiamo essere comprensivi con gli altri, possiamo esserli anche con noi stessi. Concediamoci questi “abbracci mentali”.

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