“Io sono l’altro
Sono quello che spaventa
Sono quello che ti dorme
Nella stanza accanto
Io sono l’altro
Puoi trovarmi nello specchio
La tua immagine riflessa
Il contrario di te stesso
Io sono l’altro”
(…)

Così canta Niccolò Fabi e il segreto di questa vita forse è, semplicemente, qui.
Io sono l’altro: tre parole per parlare di empatia, tre parole che ci ricordano che non è solo un dovere etico e morale interessarsi all’altro, ma uno degli scopi della vita a cui dovremmo tendere sempre e che dovremmo imparare ed insegnare a scuola, nel lavoro, a casa.
L’empatia non è qualche gesto isolato, o quando ci sentiamo orgogliosi di noi stessi perchè “abbiamo avuto quel pensiero in più per l’altro”. L’empatia non dovrebbe richiedere sforzi, troppe attenzioni, riflessioni. Se impariamo ad allenarla diventa qualcosa che convive con noi, che ci accompagna sempre, più o meno intensamente.
L’approccio del counseling ci ricorda quanto, per stare bene con noi stessi e con gli altri, sia necessario camminare passo passo con l’empatia, che richiede allenamento e non possiamo pensare che sia solo qualcosa di innato che o hai o non hai. Tutti abbiamo gli strumenti per migliorarla, a volte li troviamo vicini, a volte bisogna cercarli un po’, soprattutto quando empatizzare ci sembra difficile, impegnativo, quasi doloroso.
Io sono l’altro: è molto più di ricordarci semplicemente che non siamo gli unici al centro del nostro mondo, è mettersi nei panni dell’altro.
I suoi panni, che sono anche i nostri.
“Quelli che vedi sono solo i miei vestiti
Adesso vacci a fare un giro e poi mi dici.” (Niccolò Fabi)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *